
L’umiliazione e la bullizzazione sistematica del nemico sono armi politiche pericolose che appaiono sistematicamente nella storia dei conflitti, come ora a Gaza
In un video pubblicato su Twitter da Refugees in Libya, un’organizzazione che si batte per la tutela dei diritti dei rifugiati e per affermare il principio che “richiedere asilo è un diritto umano”, il portavoce e co-fondatore dell’organizzazione Yambio David intercetta il ministro degli Affari Esteri italiano Antonio Tajani per chiedergli conto dei recenti accordi firmati con la Libia e del perché né lui né la presidente del Consiglio Giorgia Meloni abbiano mai menzionato le violazioni dei diritti umani in Libia.
Il video è questo:
Our spokesperson @Yambiodavid meets @Antonio_Tajani. Does he deny our pain and deaths, does he disregard human rights violations in Libya?
What are the good results he’s aiming for in Libya?
He & @GiorgiaMeloni went to Libya but they never mentioned human rights violations
— Refugees In Libya (@RefugeesinLibya) February 16, 2023
Di come sia la realtà sul campo, in Libia, abbiamo parlato poche settimane fa con il direttore del quotidiano libico Libya Herald Sami Zaptia. Qui puoi recuperare la puntata di Slowly mentre di seguito puoi leggere uno stralcio in cui Zaptia ci descrive “il Paese delle milizie”:
«Prima di tutto bisogna capire cosa significa “milizia”. Una definizione semplice può essere quella di “un gruppo armato di cui il governo riconosciuto non ha il controllo: non ha il potere di cambiare i suoi leader”. In uno Stato dotato di pieni poteri, lo Stato ha il monopolio dell’uso legittimo della forza.
In Libia lo Stato ha “concesso i diritti”, vogliamo dire così, all’uso legittimo della forza cedendolo a una serie di milizie. Non può sopravvivere senza di esse, perché non c’è un esercito permanente, non c’è una polizia permanente, o almeno nessun esercito forte e nessuna polizia forte. E così i deboli governi ad interim in Libia, dalla Rivoluzione del 2011, devono fare affidamento alle milizie per imporre le regole e le leggi della politica.
Spesso ci sono conflitti di interessi con il capo di una milizia o con la stessa milizia, abbiamo visto per le strade di Tripoli scontri tra diverse milizie interforze mentre combattono per il controllo di diverse parti della città. Questo significa che la giustizia non è sempre assicurata».
Questo, raccontato da Zaptia, è il contesto della Libia di oggi. E, in questo contesto, l’Italia ha spolverato un accordo dal sapore antico: è dai tempi di Gheddafi che l’Italia vive di rendita in Libia, concentrandosi sui guadagni politici a breve termine in materia di energia e di migrazioni. Delle violazioni dei diritti umani sembrava importare poco all’epoca come oggi.
Una linea, questa, portata avanti con coerenza da 9 governi diversi.
L’umiliazione e la bullizzazione sistematica del nemico sono armi politiche pericolose che appaiono sistematicamente nella storia dei conflitti, come ora a Gaza
Oggi sono morte delle persone, ma la tragedia degli sfratti è quotidiana e invisibile, è fatta di debiti, sgomberi e vite segnate che non fanno notizia
I confini — il Novecento, le generazioni, le nazioni — servono per muoverci nel mondo, ma non sono il mondo. Non sono da difendere, sono da superare
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