Spotify paga 0,004$ (e saranno sempre meno) a stream, quindi per arrivare a 4mila $ di pagamento lordo occorre avere una canzone che abbia fatto almeno 1 milione di stream: solo lo 0.2% degli 8 milioni di artisti su Spotify fanno più di 50.000 $ lordi l’anno. Vuol dire che 16mila artisti (persone singole, gruppi) nel mondo, più o meno, hanno quel compenso per il loro lavoro. Nel frattempo, Spotify ricava 11,2 miliardi di $ all’anno, è in lieve perdita e il suo CEO e co-founder, Daniel Ek, ha un patrimonio personale netto stimato in 2,7 miliardi di $.
Potrà anche sembrare una semplificazione, ma credo che un’occhiata a questi meccanismi ci serva a individuare tutti quei posti in cui si replicano le disuguaglianze anziché abbattere le barriere.
Per alcuni il copyright è una condizione necessaria. Potrebbe essere un punto su cui discutere se davvero non esistessero alternative o se, come esseri umani, non fossimo davvero capaci di inventarle. Ma se sei da queste parti sai bene che al “There Is No Alternative”, su Slow News, non crediamo affatto.
Inoltre, l’alternativa esiste: si chiama open access, insieme a un radicale cambiamento del modo in cui concepiamo non solo l’arte e il giornalismo ma addirittura il lavoro stesso. Sì, mi rendo conto che ci siano parecchie questioni in ballo, ma perché dobbiamo sempre pensare al ribasso?