L’Agenda 2030 è il percorso verso il Mondo Nuovo
Inverno 2023. Dopo che il mondo si è immerso, senza ancora esserne uscito, nella prima pandemia dell’era dell’informazione, sappiamo quali sono i nostri limiti?
Inverno 2023. Dopo che il mondo si è immerso, senza ancora esserne uscito del tutto, nella prima pandemia dell’era dell’informazione, sappiamo qualcosa in più di noi come comunità umana (al netto di tutte le polemiche politiche e personali che si leggono e che ormai conosciamo anche troppo bene).
Sappiamo quali sono i nostri limiti.
O forse dovremmo usare il condizionale?
La pandemia e le misure di contenimento li hanno messi in evidenza: si tratta di mettersi lì, analizzarli, trarne le conseguenze, trovare i problemi più evidenti, affrontarli con il desiderio di risolvere, senza troppa paura di cambiare quel che è sempre stato.
Le opportunità in Europa, con il Recovery Fund (il piano per la ripresa dell’Europa) e il PNRR sono enormi.
Ma la buona notizia è che non c’è bisogno di studiare tutto da capo.
Mentre la redazione di Slow News si impegnava nella realizzazione di questo progetto ambizioso, fare i reporter dal mondo che non c’è ancora e che potremmo costruire insieme, ci siamo resi conto che, sottotraccia, fuori dai media mainstream e dalla polemichetta del giorno, c’è chi ci ha lavorato per decenni.
In altre parole, ci siamo resi conto l’Agenda 2030, con i suoi obiettivi (in inglese, 17 goal e 169 target) ha già tutte le caratteristiche che servono per dare una forte base strutturale al mondo nuovo.
A partire da un approcio olistico.
Cosa significa approccio olistico?
Significa sapere che se prendo un sistema (il corpo umano, una piccola comunità, una regione, un’azienda, una nazione, la Terra sono tutti esempi di sistemi) non posso spiegarlo analizzando una componente alla volta. Devo considerare l’insieme.
In altre parole: è tutto il contrario di quel che fa abitualmente il giornalismo, quando, perché non ci abbiamo pensato, per fretta, per scelta, per modello o – a volte – per malafede, prende una cosa che succede e, in maniera semplicistica (in realtà il termine vero è: riduzionistica) ti dice: «è successo per questo motivo qui»
E infatti l’Agenda 2030 è la grande assente dalle prime pagine dei giornali: non ne possono parlare, se non perché c’è un evento, un Festival, una dichiarazione di una persona famosa che poi però finisce nel tritacarne, nel frullatore delle news.
Ma che cos'è l'Agenda 2030?
È un impegno che i paesi membri dell’ONU hanno preso nel 2015. Il documento sottoscritto si chiama, in inglese, Transforming our world: the 2030 Agenda for Sustainable Development. Puoi leggere il documento integrale anche in italiano.
Ha radici storiche profonde, che riguardano anche i lavori del Club di Roma (il primo forum internazionale ad affrontare le problematiche dello sviluppo su scala globale, fondato a Roma nel 1968) e della Commissione Bruntland che, nel 1987, ha prodotto il rapporto Our Common Future
Quali sono gli obiettivi dell’Agenda 2030?
Per elencarli, partiamo prima dal concetto alla base, lo sviluppo sostenibile è
«il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri»
Rapporto “Our Common Future” pubblicato nel 1987 dalla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo (Commissione Bruntland) del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente,
Non è un’utopia. È un’obiettivo raggiungibile che richiede di considerare in armonia tre elementi:
la crescita economica, l’inclusione sociale e la tutela dell’ambiente.
Agenda 2030, ONU
Questo approccio supera l’idea di decrescita con motivazioni molto coerenti (decrescere significa rinunciare allo sviluppo della natura umana) ma associa alla crescita i limiti imposti dal sistema in cui viviamo (il pianeta Terra), rifugge dall’idea di una crescita infinita e mette al centro persone ed ecosistema.
E ora eccoli qui, i 17 obiettivi per declinare lo sviluppo sostenibile. Sono obiettivi che, giova ripeterlo, i paesi membri dell’ONU si sono impegnati a rispettare, senza privilegiarne alcuni a scapito di altri). In inglese si chiamano SDGs (è l’acronimo di Sustainable Development Goals).
- 1. Povertà zero
- 2. Fame zero
- 3. Salute e benessere
- 4. Istruzione di qualità
- 5. Uguaglianza di genere
- 6. Acqua pulita e igiene
- 7. Energia pulita e accessibile
- 8 .Lavoro dignitoso e crescita economica
- 9 .Industria, innovazione e infrastrutture
- 10. Ridurre le disuguaglianze
- 11. Città e comunità sostenibili
- 12. Consumo e produzione responsabili
- 13. Agire per il clima
- 14. La vita sott’acqua
- 15. La vita sulla terra
- 16. Pace, giustizia e istituzioni forti
- 17. Partnership per gli obiettivi
Quali sono le 5 P dell’agenda 2030?
I cinque principi (le 5 P) su cui si basa l’Agenda 2030 sono:
Persone: eliminare fame e povertà in tutte le forme e garantire dignità e uguaglianza
Prosperità: garantire vite prospere e piene in armonia con la natura
Pianeta: proteggere le risorse naturali e il clima del nostro pianeta per le generazioni future
Pace: promuovere società parifiche, giuste e inclusive
Partnership: implementare l’agenda attraverso solide partnership
Ma perché l’agenda 2030 non è costantemente al centro del dibattito giornalistico?
Prima di darlo per scontato, che l’Agenda 2030 non sia al centro della copertura giornalistica tradizionale, abbiamo provato a farci aiutare dalle persone che sosostengono Slow News, i member della nostra comunità. Stiamo parlando di persone che si informano attivamente e che, altrettanto attivamente, provano a fare la loro parte per costruire un mondo migliore: sono persone che hanno anche la fortuna di potersi impegnare in questo tipo di pensieri. Non è così per chiunque.
Ebbene, quel che emerge è che, nel nostro sondaggio (non rappresentativo, ma comunque interessante visto il tipo di persone a cui è stato proposto), nessuna risposta lasciava intendere «so bene cos’è l’Agenda 2030 e mi sembra che le testate che seguo spingano all’azione».
E se non ci basta nemmeno questo piccolo esempio, allora cercare “Agenda 2030” su Google News diventerà più che sufficiente per convincersene.
Non è una nostra sensazione, insomma: l’Agenda 2030 è fuori dalla copertura giornalistica tradizionale.
Ci sono tante risposte possibili a questa domanda. Ma una di queste risposte riguarda senz’altro il modo in cui il giornalismo concepisce sé stesso.
Se il giornalismo si occupa di news, cioè di cose successe in un momento preciso nel tempo e nello spazio, su cui possiamo scrivere velocemente pezzi e opinioni, magari con l’obiettivo di catturare un po’ d’attenzione in più, un po’ di click in più, magari con associate polemiche, magagne, situazioni che suscitano reazioni emotive, magari con obiettivi di posizionamento politico, magari un mix di tutte queste cose, be’, allora è assolutamente ovvio che trovare una visione di futuro sia impossibile.
In più, al giornalismo contemporaneo manca, per sua natura, proprio l’approccio olistico, la visione d’insieme.
Si correlano cause e effetti in maniera semplice o semplicistica.
Si raccontano storie che sembrano esistere solo nelle loro bolle e che invece sono profondamente interconnesse con il contesto sociale, economico, culturale, d’istruzione e via dicendo.
Ecco perché l’approccio che proponiamo su Slow News e con Il Mondo Nuovo è un ribaltamento totale di prospettiva.
Diventiamo reporter dal futuro, corrispondenti dall’Agenda del 2030.