L’IA sta riempiendo l’infosfera di immondizia

2 aprile 2024

I contenuti (spesso fatti male) generati dall’Intellgenza Artificiale stanno davvero prendendo il sopravvento nell’infosfera, che sia la sezione di YouTube dedicata ai più piccoli, le nostre bacheche Facebook, e perfino paper scientifici.
Inizia ad essere un problema, bello grosso.
Alcuni studi hanno messo in evidenza che nei paper accademici iniziano ad essere presenti parecchi termini normalmente usati dall’IA, in particolare ChatGPT. Non è possibile esserne certi al 100%, tuttavia il sospetto è legittimo, ovvero che degli studi scientifici, che dovrebbero essere rigorosi e basati sul giudizio “umano” stiano venendo revisionati artificialmente. Il problema è anche pratico. Se l’IA genera degli errori, e questi ultimi passano inosservati – come può accadere – l’affidabilità di tutto lo studio rischia di essere compromessa.
Per quanto riguarda le piattaforme digitali, il discorso è simile, ma la principale preoccupazione si concentra sui risultati di ricerca di Google, che stanno progressivamente perdendo affidabilità, e sui contenuti rivolti ai bambini su YouTube.
Questi ultimi risultano spesso incoerenti e disorientanti, probabilmente prodotti da alcune content farm che traggono profitto dalle partnership pubblicitarie offerte dalla piattaforma. Vi sono persino timori legati al possibile impatto negativo sullo sviluppo cognitivo dei più piccoli, che potrebbero essere esposti a tali contenuti per periodi prolungati.
Infine, ci si chiede quando questo modello collasserà. I contenuti generati da IA andranno ad alimentare le IA stesse. Si genereranno copie, di copie, di copie, di copie, ognuna potenzialmente “peggiore” della precedente.
Al momento, non ci sono risposte definitive. Tuttavia, iniziano a emergere alcune proposte, come l’idea di un intervento legislativo mirato a tutelare la cultura digitale: un possibile “Clean Internet Act” che imporrebbe alle aziende di intelligenza artificiale l’adozione di sistemi avanzati di tracciamento e watermarking per identificare i contenuti generati artificialmente.
Chissà. Una cosa, però, è certa: il web subirà trasformazioni profonde, e probabilmente in tempi molto più rapidi di quanto immaginiamo.

Fonte: NY Times

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