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Hai mai sentito di un premio Nobel per la Pace accusato di aver contribuito alla violazione dei diritti umani, incentivando crimini contro l’umanità? È quello che il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite sostiene abbia fatto l’Unione Europea, che nel 2012 ha ottenuto il Nobel per la Pace per aver “contribuito a trasformare la maggior parte dell’Europa da un continente di guerra in un continente di pace”.
Il Consiglio sostiene che inviando supporto alle forze libiche e, più in generale, con le politiche di sostegno alla Libia da parte dell’UE e degli Stati membri si incentivino continue violazioni dei diritti umani. Questa tesi è contenuta in un rapporto redatto da un gruppo di investigatori incaricati proprio dal Consiglio ONU, in cui sono contenute le prove che in Libia vengono regolarmente commessi crimini contro l’umanità nei confronti di libici e migranti, crimini che comprendono anche la schiavitù sessuale in cui sono costrette migliaia di donne. Il rapporto, basato su centinaia di interviste a testimoni oculari e vittime delle violenze, conclude una missione conoscitiva lanciata dal Consiglio per i diritti umani dell’ONU tre anni fa ed è stato anche notificato alla Corte Penale Internazionale. “Il sostegno fornito dall’UE alla guardia costiera libica in termini di respingimenti e intercettazioni” di migranti “ha portato a violazioni di alcuni diritti umani”, ha detto l’investigatore Chaloka Beyani in conferenza stampa a Ginevra: “Non si possono respingere le persone in aree non sicure e le acque libiche non sono sicure per l’imbarco dei migranti”.
Secondo il rapporto il blocco europeo e i suoi Stati membri non sono ritenuti direttamente responsabili di crimini di guerra, ma “il sostegno fornito” alle autorità libiche “ha aiutato e favorito la commissione” di questi crimini. In particolare viene citata la Guardia Costiera libica, che ha ricevuto attrezzature e addestramento dall’UE (e dall’Italia) e che lavora ancora oggi “in stretto coordinamento” con le reti dei trafficanti di esseri umani.


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Un attacco contro il paternalismo, una malattia molto italiana che caratterizza il discorso dei giornali, della politica, della scuola e della famiglia.

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