
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
Quello che ti vogliamo consigliare oggi come Cosa che resta, è un salto fuori da una visione del mondo fatta a dicotomie, a confini, a faglie, a linee rosse che emerge di continuo nei media e che oggi è alimentata dal dibattito cominciato da Gaza di Baricco.
È un salto enorme, che può stordire e dare le vertigini, ma è che può anche inebriare e entusiasmare. Brace yourself, ‘cause this goes deep, come cantava il rapper britannico Mike Skinner, alias The Streets: «Tieniti forte, perché qua scende nel profondo».
Si intitola Baraka. È uscito nel 1993, dura 1 ora e 37 minuti e non è né un film né un documentario (superando altri confini di formato che servono fino a un certo punto). Non ha una struttura narrativa classica, non ci sono personaggi, non ci sono parole, in qualche modo non ci sono regole.
Il critico statunitense Roger Ebert, inizia così la sua recensione a Baraka: «Da un lato, il film è un diario di viaggio di 96 minuti. Dall’altro, è una meditazione sul pianeta».
È così. Baraka è la rappresentazione filmica dell’oceano della immensità del reale. Baraka fa capire (senza spiegare) che non serve dibattere sul Novecento o sul XXI secolo, o sull’Ottocento, ma sull’essere umano e la sua natura, che oscilla a seconda dei momeni tra l’istinto di sopraffazione e quello della fratellanza. Lo puoi vedere su Mubi, ma lo trovi gratuitamente anche qui. È un’esperienza pazzesca.
Un’ultima cosa, forse la più importante: non è filosofia, non sono pipponi mentali. È politica, è lotta sociale, è battaglia per cambiare il mondo. Perché, per citare un altro film, questo invece narrativo, di fantascienza e di azione: All boundaries are conventions, waiting to be transcended. One may transcend any convention if only one can first conceive of doing so. Ovvero, «i confini sono convenzioni, in attesa di essere superate. Possiamo superare qualsiasi convenzione, non appena siamo in grado di prendere coscienza di poterlo fare».
NdA: Questa Cosa che resta è nata insieme a un articolo che puoi leggere qui e che, essendo stato concepito insieme, si sovrappone per una parte.
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
Storia di una domanda che sembra di stretta attualità oggi, ma che in realtà ci si pone da anni e che da anni ha la stessa risposta.
Gli “accordi di pace” che si spartiscono il Medio Oriente hanno radici lontane, come l’accordo di Sykes – Picot, del 1916, che conteneva già tutto quello che sarebbe successo nei 110 anni successivi.
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