
Gli “accordi di pace” che si spartiscono il Medio Oriente hanno radici lontane, come l’accordo di Sykes – Picot, del 1916, che conteneva già tutto quello che sarebbe successo nei 110 anni successivi.
“Fai attenzione, non vestirti in un certo modo”,
“Non lasciare mai il bicchiere incustodito”,
“Rimani sempre in gruppo”,
“Non ubriacarti, ché altrimenti il lupo lo trovi“.
Sono solo alcune delle tante frasi che ogni donna sente ripetersi dall’adolescenza in poi.
I riflettori sono sempre sulla potenziale vittima, sulla responsabilità di non essere preda del lupo, e più raramente – ma quasi mai – ci si concentra sulle responsabilità effettive, quelle del carnefice. È la vittima che deve sforzarsi di essere meno preda possibile, il fatto che esista il predatore è invece dato per scontato.
La normalizzazione della violenza passa anche dalle parole che usiamo. Soprattutto dalle parole che usiamo. Dalle frasi, dai concetti, che vengono reiterati in maniera più o meno consapevole quando se ne parla.
Lo spiega Giulia Blasi, su Valigia Blu.
Immagine di copertina: Non Una Di Meno.
Gli “accordi di pace” che si spartiscono il Medio Oriente hanno radici lontane, come l’accordo di Sykes – Picot, del 1916, che conteneva già tutto quello che sarebbe successo nei 110 anni successivi.
Fu uno dei primi, su mandato dell’ONU, a cercare una mediazione di pace tra Israele e Palestina. Fu ucciso in un agguato a Gerusalemme nel 1948.
Ritrae mille mila bici che percorrono libere e sicure uno spazio che di solito è pericoloso e proibito a chi non è in automobile ed è una cosa che dovremmo rifare dovunque.
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