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Dove nasce il fascismo e come si combatte
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Sabato 18 febbraio, davanti al liceo Michelangiolo di Firenze, un gruppo di militanti fascisti ha picchiato alcuni studenti di un collettivo. Nei giorni successivi a quel pestaggio squadrista di esplicita ispirazione fascista, non sono arrivate dichiarazioni ufficiali del Governo Meloni, di nessun tipo. Un silenzio assordante.
A qualche giorno dai quei tragici fatti, però, non tutti sono stati zitti.
La dirigente scolastica del liceo Leonardo da Vinci di Firenze, Annalisa Savino, per esempio, ha scritto una lettera a studenti, studentesse, famiglie, corpo docenti e al personale, in cui sottolinea un paio di concetti estremamente importanti che ci sentiamo di sottoscrivere completamente:
«Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti. “Odio gli indifferenti” – diceva un grande italiano, Antonio Gramsci, che i fascisti chiusero in un carcere fino alla morte, impauriti come conigli dalla forza delle sue idee.
Inoltre, siate consapevoli che è in momenti come questi che, nella storia, i totalitarismi hanno preso piede e fondato le loro fortune, rovinando quelle di intere generazioni. Nei periodi di incertezza, di sfiducia collettiva nelle istituzioni, di sguardo ripiegato dentro al proprio recinto, abbiamo tutti bisogno di avere fiducia nel futuro e di aprirci al mondo, condannando sempre la violenza e la prepotenza. Chi decanta il valore delle frontiere, chi onora il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri, va lasciato solo, chiamato con il suo nome, combattuto con le idee e la cultura. Senza illudersi che questo disgustoso rigurgito passi da sé. Lo pensavano anche tanto italiani per bene cento anni fa, ma non è andata così».
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