
I giganti industriali perdono soldi e gli Stati investono in armi, ma la soluzione è sempre la stessa: scegliere su cosa vogliamo investire per costruire un mondo sostenibile
Le macchine che scrivono testi, producono immagini, generano musica, creano voci per leggere libri sono già qui.
Cosa possiamo farci? Ci devono preoccupare? Ha senso chiedere una regolamentazione di questa tecnologia?
Io penso di no, anche se siamo di fronte a un cambiamento radicale che fa paura, perché in qualche modo la creazione è qualcosa che abbiamo ritenuto fosse unica, peculiare degli umani. Anche se queste macchine non capiscono cosa fanno, la sensazione di essere di fronte a qualcosa di inedito è forte: al lavoro intellettuale può accadere quel che le macchine hanno già fatto al lavoro nei campi o alla manifattura.
È solo questione di tempo. E allora? E allora tocca attrezzarsi per il reddito di base universale, per esempio. Perché non ci sarà mai davvero lavoro per tutti. E perché verrà fuori che la prossima peculiarità dell’essere umani è la cura e la relazionalità.


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Un attacco contro il paternalismo, una malattia molto italiana che caratterizza il discorso dei giornali, della politica, della scuola e della famiglia.

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