Il cambiamento climatico si combatte a suon di gelati

Utilizzare i fondi destinati al contrasto degli effetti del collasso climatico per aprire una catena di gelaterie.

Forse è meglio andare con ordine.

Nel 2015, a seguito della conferenza mondiale sul clima di Parigi, i Paesi più industrializzati (tra cui l’Italia) si erano impegnati a raccogliere una cifra complessiva pari a 100 miliardi di dollari l’anno in “azioni” per fronteggiare e possibilmente contrastare gli effetti del cambiamento climatico, anche a favore dei Paesi più poveri. Un’inchiesta che ha visto collaborare l’agenzia di stampa Reuters e il laboratorio di giornalismo dell’università di Stanford, ha rivelato quanti soldi sono stati effettivamente raccolti, e come sono stati utilizzati.

In primis, nel quinquennio 2015-2020 sono stati investiti solamente 182 miliardi di dollari su 500, meno della metà di quanto pattuito. E già qui, si potrebbe cominciare a discutere. Come sono stati investiti?

Bene: l’Italia, tramite la SIMEST, ha contribuito con 4,7 milioni, che sono stati utilizzati per aprire una serie di gelaterie e cioccolaterie Venchi in Asia. Oltre al danno, la beffa: il cambiamento climatico – si pronostica ormai da anni – potrebbe causare l’estinzione delle piante di cacao, e per produrre una singola tavoletta di cioccolato da cento grammi sono necessari circa 1.700 litri d’acqua.

Certo, non siamo stati gli unici ad utilizzare i fondi in questo modo. Il Giappone avrebbe utilizzato 59 miliardi per costruire una centrale a carbone in Bangladesh; centrale che, si stima, produrrà ogni anno circa 6,8 milioni di tonnellate di anidride carbonica, più delle emissioni prodotte nel 2019 dall’intera città di San Francisco, spiega Reuters.
Gli Stati Uniti avrebbero invece costruito un albergo ad Haiti. Si erano impegnati a realizzare un impianto idroelettrico in Sudafrica, che tuttavia non è ancora pervenuto.

Come è potuto succedere tutto questo? La “colpa” sta venendo attribuita alla mancanza di linee guida chiare riguardo gli investimenti da effettuare, così come al fatto che i Paesi non sono stati seguiti nelle spese e nella realizzazione delle varie infrastrutture.

Linee guida o meno, come tutto questo possa essere considerato un’azione per fronteggiare il cambiamento climatico, quando sembra piuttosto l’esatto opposto, è un mistero.

20 luglio 2023

Francesca Menta
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