
Di fronte al provvedimento che obbliga la verifica dell’età a chi naviga su un sito porno, forse invece di censurare è il momento di chiedersi che cosa sia il porno
Il 29 settembre, dopo una seduta del Consiglio Comunale terminata dopo 12 ore di trattative, discussioni su 239 emendamenti diventati 25 grazie a una “tagliola” proposta dal PD per “velocizzare i lavori”, è stata votata a maggioranza (24 favorevoli e 20 contrari) la decisione di vendere lo stadio Meazza alle società di Inter e Milan, che potranno quindi disporne come vorranno, ovvero abbatterlo e costruirne un altro.
La decisione presa dal Consiglio ha conseguenza politiche, ecologiche e culturali. Politiche, perché la maggioranza di centro sinistra che aveva portato alla seconda elezione di Beppe Sala si è spaccata. Culturali, perché lo stadio Meazza aveva un secolo di storia. Ma soprattutto ecologiche, sia per l’inquinamento che verrà generato dall’abbattimento della struttura, sia per l’impatto ambientale che potrebbe avere la possibile asfaltatura del Parco dei Capitani.
Da questo punto di vista, il capogruppo della Lista Sala, Marco Fumagalli, che ieri si è dimesso dal suo ruolo in aperta opposizione alla decisione del suo ormai ex gruppo, ha detto: «Gli emendamenti che abbiamo approvato quanto possono restituire alla comunità? Credo poco. Nel dibattito non ci si è mai concentrati sul danno ambientale e sulla salute dei cittadini».
Sul tema ambientale e sul futuro dello Stadio di San Siro saranno decisivi i prossimi mesi e le mobilitazioni che continueranno a svolgersi, organizzate da ambientalisti e comitati di residenti. Noi oggi vi consigliamo di leggere qualcosa di un po’ più leggero e decisamente più letterario che giornalistico.
L’ha scritto Gianni Brera il 3 marzo del 1980, giorno in cui, poco prima di un derby Milan – Inter, lo stadio di San Siro fu intitolato a Giuseppe Meazza. Lo puoi leggere qui.
Foto d’archivio, 1926


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La cosa che resta di oggi è un fumetto pubblicato dalla Revue nell’estate di quest’anno, nel numero 13. Si intitola La crociata dei bambini.

La cosa che resta di oggi parla di cinema e di politica ed è un manifesto di 23 pagine, pubblicato nel 1969 sulla rivista Tricontinental

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