
Fu uno dei primi, su mandato dell’ONU, a cercare una mediazione di pace tra Israele e Palestina. Fu ucciso in un agguato a Gerusalemme nel 1948.
Almeno 895mila persone in Europa vivono per strada, in dormitori o alloggi temporanei. È come se tutti i cittadini di Torino più altri 50mila individui non avessero una casa. Sono i dati dell’ultimo rapporto di Feantsa, la Federazione europea delle organizzazioni nazionali per le persone senza fissa dimora, che denuncia un trend in crescita nella maggioranza dei Paesi e ricorda che la (sotto)stima del fenomeno va presa con cautela.
Non c’è infatti una definizione condivisa tra stati membri di homelessness, né uno stesso metodo di raccolta dati, che spesso è parziale. Per esempio, in Italia le 96mila persone senza fissa dimora stimate da Istat considerano solo chi ha la residenza presso una via fittizia o un’associazione, il resto è sommerso.
Non avere dati affidabili ostacola la definizione e il monitoraggio di politiche di contrasto all’esclusione abitativa. Per Feantsa, l’UE è oggi più consapevole del problema, ma gli sforzi sono ancora insufficienti. E suona paradossale ricordare, con le parole di Giuseppe Rizzo su Essenziale, che “in Europa conosciamo nel dettaglio il numero di maiali e mucche che ci sono negli allevamenti, ma non quello delle persone che vivono per strada”.
Fu uno dei primi, su mandato dell’ONU, a cercare una mediazione di pace tra Israele e Palestina. Fu ucciso in un agguato a Gerusalemme nel 1948.
Ritrae mille mila bici che percorrono libere e sicure uno spazio che di solito è pericoloso e proibito a chi non è in automobile ed è una cosa che dovremmo rifare dovunque.
La cosa che vogliamo che resti di oggi, venerdì 3 ottobre 2025, è un testo effimero che tra meno di 24 ore sparirà, scritto dal cantante torinese Andrea Lazslo De Simone
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