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 Giovedì 9 ottobre l’accordo di tregua tra Israele e Hamas proposto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump è stato accettato da entrambe le parti. L’accordo dovrebbe servire a bloccare l’operazione militare in corso e a far ritirare l’esercito israeliano e a permettere il rilascio dei prigionieri, sia quelli isrealiani ancora nelle mani di Hamas, sia di quelli palestinesi nelle carceri israeliane.
Il parere di chi sta commentando in diretta il succedersi degli eventi, visto come è andata sempre a finire in casi come questi, sembra abbastanza unanime: quanto durerà questa tregua?
La domanda che vogliamo porci noi e che vogliamo proporti oggi, come cosa che resta, è un po’ più larga e l’abbiamo trovata in un reportage da Nablus, in Cisgiordania, scritto dallo storico e antropologo David Graeber nel 2015: «Qual è la strategia israeliana a lungo termine?»
È un articolo bellissimo — di una profondità impressionante come quasi tutto ciò che ha scritto Graeber — racconta alcune delle situazioni grottesche e paradossali che caratterizzano da decenni la vita della popolazione palestinese nei Territori occupati.
Tra le frasi più potenti che scrive Graeber in questo articolo, ci sentiamo di anticipartene una per farti capire a che punto questo testo del 2015 sia ancora attuale e valga il tuo tempo oggi, a distanza di 10 anni.
«Qual è la strategia israeliana a lungo termine? Se esiste una risposta, sembra che semplicemente non ne abbiano una; il governo israeliano non ha una strategia a lungo termine per affrontare il proprio futuro nella regione, così come la Exxon Mobil non ne ha una per affrontare il cambiamento climatico».
Una nota importante: David Graeber era ebreo e, nel reportage, si autodefinisce così: «io che ero cresciuto in una famiglia ebrea a New York, nutrita quasi interamente di propaganda sionista». Giusto per non cadere in equivoci.
Foto di Guido Van Nispen (David Graeber insieme a Enzo Rossi, Amsterdam, 2015). Licenza CC BY2.0


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