
Un articolo del 1972 uscito in Olanda che parla di qualcosa che a distanza di più di 50 anni, qui in Italia, è ancora la normalità.
Folke Bernadotte, conte di Wisborg, discendente di una famiglia nobile e nipote del re Gustavo V di Svezia, è stato un politico e un diplomatico svedese e, anche se in pochissimi se lo ricordano, è stato uno dei primi a cercare di costruire una pace in Palestina.
La sua storia è una di quelle assurde e dimenticate: alla fine della seconda guerra mondiale è stato un eroe, riuscendo a far rilasciare dal campo di concentramento nazista di Theresienstadt diverse migliaia di persone nella operazione “Autobus Bianchi”.
Dopo la guerra, invece, è stato un martire e nei panni di mediatore scelto dalle Nazioni Unite per trovare un accordo che ponesse fine al conflitto Arabo-Israeliano del 1948, venne ucciso a Gerusalemme insieme al militare francese André Serot il 17 settembre 1948. Gli autori dell’attentato furono membri del gruppo terrorista di estrema destra Lehi, definita come “organizzazione terroristica di matrice sionista” e detta anche Banda Stern, dal nome del fondatore, Abraham Stern.
La cosa che resta di oggi che abbiamo scelto oggi parla di Bernadotte e del suo ruolo, purtroppo fallito, di pacificatore. È un lungo articolo del giornalista britannico e inviato a Gerusalemme per quasi dieci anni, Donald Macintyre. È stato pubblicato sul The Independent il 18 settembre del 2008, in occasione del 60esimo anniversario dell’omicidio di Bernadotte e si intitola Israel’s forgotten hero: The assassination of Count Bernadotte – and the death of peace.
Lo puoi leggere qui in inglese, o farlo tradurre dal tuo browser in italiano (abbiamo provato ed è abbastanza affidabile).
Foto | La prima pagina di un quotidiano del 18 settembre 1948


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