
Storia di una domanda che sembra di stretta attualità oggi, ma che in realtà ci si pone da anni e che da anni ha la stessa risposta.
Il Consiglio superiore per la comunicazione del Burkina Faso, uno dei principali sindacati di giornalisti del Paese africano, ha denunciato l’impossibilità per i cronisti di lavorare in modo imparziale e sicuro in tutto il Sahel, la fascia che si estende subito a sud del Sahara e che va da ovest ad est del continente africano. L’informazione che proviene dalle aree di conflitto con i gruppi islamisti, siano queste in Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger o Benin, è sempre informazione di parte, proveniente o dagli eserciti o dai gruppi terroristici.
Secondo il Consiglio, che si è riunito l’1 e il 2 aprile a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, oltre alle minacce ai cronisti e alle intimidazioni, il problema è anche economico: “La nostra stampa non ha i mezzi per permettersi corrispondenti di guerra indipendenti che vadano sul campo, osservino, analizzino e riportino ciò che hanno visto della guerra”, in un paese il cui 60% del territorio è sotto il controllo non-statale, secondo Paese al mondo per numero di attacchi terroristici dopo l’Afghanistan. “Tutto quello che diciamo sulla guerra, tutti i fatti, vengono dai comunicati dello Stato maggiore della Difesa” che, in una parola sola, fa propaganda. Non informazione.
Questa denuncia dei giornalisti burkinabé è confermata da un report diffuso il 3 aprile 2023 da Reporter Senza Frontiere, lo puoi leggere qui. Cinque giornalisti uccisi nel Sahel negli ultimi 10 anni, due scomparsi nel nulla, uno, Olivier Dubois, appena liberato dopo 711 giorni di prigionia, centinaia di altri regolarmente minacciati e, per questo, convinti a non esercitare più la professione giornalistica: questi sono solo i numeri diffusi da RSF, che raccontano come l’informazione da una delle più grandi aree di conflitto al mondo, il Sahel, sia totalmente appannanggio della propaganda militare delle parti. Secondo RSF la striscia saheliana rischia di diventare “la più grande zona non informativa dell’Africa”. Questo significa riprendere le informazioni di altri: eserciti o gruppi armati, ma anche gruppi ausiliari dell’esercito e mercenari, come raccontiamo da tempo in Russiafrique.
Solo in Burkina Faso gli sfollati dal terrorismo sono oltre 2 milioni di persone. I morti centinaia di migliaia. Numeri che vanno moltiplicati per tutta l’area del Sahel. Il fatto che non ci siano cronisti a coprire questi eventi, nel più grande, più transnazionale e meno raccontato conflitto in atto oggi, è un enorme problema per tutti.
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Gli “accordi di pace” che si spartiscono il Medio Oriente hanno radici lontane, come l’accordo di Sykes – Picot, del 1916, che conteneva già tutto quello che sarebbe successo nei 110 anni successivi.
Fu uno dei primi, su mandato dell’ONU, a cercare una mediazione di pace tra Israele e Palestina. Fu ucciso in un agguato a Gerusalemme nel 1948.
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