Vogliamo davvero una black box society?
Forse è il caso di iniziare a preoccuparci di cosa viene fatto coi dati che forniamo in giro.
Che fare quando gli algoritmi che ci circondano sono opachi? Che fare se non ci viene detto chi userà i nostri dati, né come? Quali sono le alternative?
Siamo circondati da algoritmi.
I social network li utilizzano per decidere cosa mostrarci e cosa no.
I motori di ricerca li sfruttano per scegliere le risposte più pertinenti ai nostri quesiti.
I GPS li adoperano per fornirci le indicazioni stradali più vantaggiose rispetto al punto in cui ci troviamo.
Il problema sorge quando gli algoritmi dei servizi che utilizziamo – o che veniamo costretti ad utilizzare – sono opachi.
Non ci viene detto come funzionano. Non ci viene detto, tra i nostri dati, quali useranno. Non ci viene detto chi elaborerà quei dati, né tantomeno come, né se li conserverà.
Benvenuti nella black box society.
Forse è il caso di iniziare a preoccuparci di cosa viene fatto coi dati che forniamo in giro.
Quanto siamo disposti a rivelare dei nostri dati sensibili per performare meglio?
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