Il massacro di Karma, in Burkina Faso

La violenza in Burkina Faso, in questi otto anni, ha causato la morte di 10.000 persone e lo sfollamento di oltre 2 milioni di civili.

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La mattanza è stata talmente scioccante che il governo della giunta militare al potere in Burkina Faso ha impiegato una settimana prima di reagire con un mestissimo, e laconico, comunicato stampa di dolore, vicinanza alle vittime e sgomento.

Una settimana per comunicare, peggio, quello che i testimoni oculari, i media internazionali e le ONG denunciavano da giorni: gli autori della strage di Karma, un villaggio a circa 20 chilometri da Ouahigouya, capoluogo della provincia di Yatenga, regione del Nord del Burkina Faso, potrebbero essere i militari delle Forze Armate e i loro ausiliari civili dei Volontari per la Difesa della Patria (VDP). Potrebbero, perché il governo nel suo comunicato di cordoglio usa sempre il condizionale. Nel cuore del Sahel, dove si assiste al conflitto più esteso al mondo, è impossibile persino discernere tra “i buoni” e “i cattivi”: quella tra i governi di Mali, Burkina Faso e Niger contro i gruppi islamisti legati ad Al-Qaeda e Daesh, gruppi terroristici che nell’area operano principalmente con le sigle JNIM e EIGS e che, per aggiungere complessità, sono anche in conflitto tra loro, è una guerra totale. E, come ogni guerra totale, nessuno viene risparmiato. La mattanza del villaggio di Karma del 20 aprile 2023 ha scioccato tutti: il presidente della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS), il bissauense Umaro Sissoco Embalò, ha parlato di “genocidio di Karma” e promesso che i responsabili finiranno addirittura davanti alla Corte Penale Internazionale. Le Nazioni Unite, l’Unione Europea, l’Unione Africana, decine di governi africani hanno espresso sgomento, chiedono giustizia, invocano pace.

Pace. Una parola che in Burkina Faso ha perso ogni significato dal 2015.

La mattanza

La mattanza di Karma ha numeri incerti: la giustizia burkinabé, che ha aperto un’inchiesta presso la procura di Ouahigouya, parla di 60 morti, i testimoni oculari di “almeno 100” e i media locali e le ONG di “almeno 150”. 147 morti, di cui 28 donne e 45 bambini, secondo Daouda Belem, una sopravvissuta. Le immagini circolanti [che non condivideremo, nda], girate tutte con telefoni cellulari e restituite ai social media da numerosi utenti, mostrano mucchi di cadaveri di uomini, donne, bambini e persino neonati, gli uni sopra gli altri. Sembra di guardare, a colori, le immagini dei cadaveri nel campo di Auschwitz: uomini con il cranio perforato attorno ai quali volano le mosche, buchi di proiettile tutt’attorno, fiumi di sangue rattrappito sulla sabbia ocra.

Alle 7:30 del mattino del 20 aprile 2023, ultimo giorno di Ramadan, decine di uomini armati vestiti con l’uniforme militare dell’esercito e delle milizie VDP sono entrati nel villaggio di Karma. I militari hanno prima circondato e poi fatto ingresso nel villaggio arrivando da nord, a bordo di un centinaio di mezzi tra motociclette e pick-up, lungo la strada N2, che proseguendo verso sud in circa 3 ore e mezza conduce a Ouagadougou. “Pensavamo venissero a proteggerci” ha detto un testimone oculare, ripreso da Le Monde: “Ci hanno spogliati dei nostri soldi, dei nostri documenti d’identità e hanno iniziato a sparare”. Il villaggio di Karma è un luogo particolare: sito nel cuore della regione aurifera burkinabé (sono ben due le miniere d’oro ufficiali nel raggio di 10 chilometri dal villaggio) vicino al confine con il Mali, attrae molti cercatori d’oro clandestini. Per la stessa ragione, nei pressi di Karma le attività di numerosi gruppi affiliati a JNIM (ovvero Gruppo di Sostegno all’Islam e ai musulmani, operante dal 2017 e affiliato a sua volta ad al-Qaeda) sono particolarmente intense: l’estrazione illegale di oro è una delle fonti di finanziamento principali dei gruppi islamisti che operano nel Sahel.

Ci sono voluti quattro giorni perché il massacro venisse fuori in tutta la sua tragicità. Il 24 aprile il procuratore dell’Alta corte di Ouahigouya Lamine Kabore, citando fonti della gendarmeria, ha dato la notizia: “Circa 60 persone sono state uccise da uomini che indossavano le uniformi delle nostre forze armate nazionali”, versione confermata il 27 aprile dal governo. “Persone che indossavano le uniformi” che, garantiscono i testimoni oculari citati dai media locali e da quelli francesi, erano tutti soldati dell’esercito e ausiliari. “Abbiamo visto le moto e i pick-up dei nostri soldati, era una grande colonna” dice un altro testimone a Le Monde: “Erano vestiti di nero, in divisa militare nera, ed erano sulla via del ritorno, stavano andando verso Ouagadougou. Dopo quello che hanno fatto a Karma hanno continuato lungo la loro strada, verso sud”. Sulle magliette nere, dicono diversi testimoni, era ben visibile la scritta “B.I.R. 3”. “Abbiamo potuto vedere anche un carrarmato da combattimento” afferma un altro testimone ad Actualité.bf, sito web di informazione burkinabé: “Alcuni paesani, felici di vedere i nostri soldati, sono usciti dalle case per accoglierli. Sono i primi ad essere caduti sotto il fuoco dei proiettili”. Il massacro è durato oltre sei ore.

Il 29 aprile 2023 alcuni sopravvissuti alla mattanza hanno convocato una conferenza stampa a Ouahigouya: “Eravamo al pozzo quando alcuni di noi hanno iniziato a fuggire. Ci hanno detto di non farlo, che non erano jihadisti ma soldati venuti a salvarci” ha raccontato una testimone che vuole restare anonima. I soldati hanno chiesto alle persone di uscire di casa con i documenti, in modo che potessero controllare in quanto il loro compito era “difendere il territorio e portare la pace”. La situazione è tuttavia degenerata immediatamente: “Sono iniziate le botte, gli insulti. Hanno malmenato le persone, i nostri mariti, la gente che urlava. Mio marito era malato, sdraiato in casa: sono entrati nella sua stanza, l’hanno trascinato al cancello e gli hanno sparato con la pistola. Poi sono andati oltre”.

Un’altra testimone ha raccontato di essersi nascosta in casa e di avere aperto quando hanno bussato alla porta. Alle violenze si sono sommati i saccheggi: denaro e proprietà personali, bestiame, pollame.

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Foto - Ambasciata degli Stati Uniti a Ouagadouogu

All'Armi!

Il 15 novembre 2022 la giunta militare al potere in Burkina Faso ha annunciato la creazione di sei Battaglioni di Intervento Rapido (B.I.R.), stanziati nella guarnigione di Ouagadougou e schierati, a seconda delle esigenze operative, su tutto il territorio nazionale, in quelli che il governo militare definisce “teatri di intervento”. Lo scorso dicembre invece la giunta militare ha lanciato un’operazione militare per riprendersi quel 40% di territorio burkinabé che oggi è al di fuori del suo controllo. A febbraio il governo ha annunciato il reclutamento di 5.000 civili, arruolati in un corpo chiamato Volontari per la difesa della patria (VDP) che funge da ausiliario dell’esercito, con il compito di affiancare le forze armate nella lotta al terrorismo. Da quando il governo ha arruolato ed armato i VDP i massacri di civili si sono moltiplicati, in tutto il Paese: a febbraio il quotidiano francese Liberation ha riportato la notizia dell’esecuzione di sette bambini e adolescenti in un campo nei pressi di Karma e, due giorni dopo l’uscita del pezzo, la corrispondente del quotidiano francese è stata espulsa dal Paese, accusata dalle autorità militari di diffondere fake news. Il 13 aprile 2023 invece la giunta militare ha proclamato lo “stato di mobilitazione generale” al fine di dare allo Stato “tutti i mezzi necessari” per combattere il terrorismo, anche la coscrizione obbligatoria di tutti i giovani sopra i 18 anni: non bastano più i 5.000 ausiliari, male equipaggiati e peggio addestrati. Sabato 15 aprile un distaccamento militare di VDP è stato violentemente attaccato ad Aorema, una quarantina di chilometri da Karma: sei militari e trentaquattro VDP sono rimasti uccisi. Il 18 aprile venti VDP e quattro civili sono stati massacrati in un altro attacco, nella stessa area. Poi, il 20 aprile, la mattanza di Karma, probabilmente una vendetta delle forze armate e dei VDP che ha colpito l’obiettivo sbagliato.

“Ci hanno chiesto se c'erano uomini, dove erano, gli abbiamo detto che non c'erano. Dicevano di dire la verità, che se non lo avessimo fatto ci sarebbe successo qualcosa. Uscendo da casa nostra, hanno dato fuoco alla mansarda”

Quel giorno, in effetti, il terzo battaglione B.I.R. era stato inviato a nord di Karma, lungo il confine con il Mali, ed era di rientro alla base, a Ouagadougou: “Abbiamo visto bambini venire uccisi sulla schiena della madre” ha denunciato il CISC (Collettivo contro l’impunità e la stigmatizzazione delle comunità, una ONG molto importante in Burkina Faso) in un comunicato stampa. Nei video diffusi sui social si vedono anche mucchi di cadaveri vicino a cinte murarie crivellate di colpi, cosa che fa pensare anche a vere e proprie esecuzioni subite dai civili. Un alto ufficiale burkinabé, citato in forma anonima da Le Monde, avrebbe accusato della mattanza di Karma i gruppi islamisti, i cui uomini “si sono travestiti con le uniformi delle forze armate” ma, nelle diverse versioni, ufficiali e non ufficiali, questo dato non è mai emerso e sembra più una scusa per coprire le vergogne di un conflitto che è totalmente fuori controllo. “La dichiarazione del governo rasenta l’indifferenza e il disprezzo nei confronti delle popolazioni di Karma e delle zone limitrofe” ha detto durante la conferenza stampa del 29 aprile la sopravvissuta Daouda Belem: “Noi non abbiamo dubbi che siano le Forze armate le responsabili di questa carneficina”.

La strage di Karma, questo è certo, è una verità innegabile. Se venisse confermata la versione che vede responsabili gli uomini del B.I.R. 3 si tratterebbe della peggiore strage perpetrata dall’esercito burkinabé contro i civili da quando è iniziata la guerra al terrorismo, ovvero dal 2015: la violenza, in questi otto anni, ha causato la morte di 10.000 persone e lo sfollamento di oltre 2 milioni di civili, questi solo quelli interni al Burkina Faso.

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