La mattanza di Karma ha numeri incerti: la giustizia burkinabé, che ha aperto un’inchiesta presso la procura di Ouahigouya, parla di 60 morti, i testimoni oculari di “almeno 100” e i media locali e le ONG di “almeno 150”. 147 morti, di cui 28 donne e 45 bambini, secondo Daouda Belem, una sopravvissuta. Le immagini circolanti [che non condivideremo, nda], girate tutte con telefoni cellulari e restituite ai social media da numerosi utenti, mostrano mucchi di cadaveri di uomini, donne, bambini e persino neonati, gli uni sopra gli altri. Sembra di guardare, a colori, le immagini dei cadaveri nel campo di Auschwitz: uomini con il cranio perforato attorno ai quali volano le mosche, buchi di proiettile tutt’attorno, fiumi di sangue rattrappito sulla sabbia ocra.
Alle 7:30 del mattino del 20 aprile 2023, ultimo giorno di Ramadan, decine di uomini armati vestiti con l’uniforme militare dell’esercito e delle milizie VDP sono entrati nel villaggio di Karma. I militari hanno prima circondato e poi fatto ingresso nel villaggio arrivando da nord, a bordo di un centinaio di mezzi tra motociclette e pick-up, lungo la strada N2, che proseguendo verso sud in circa 3 ore e mezza conduce a Ouagadougou. “Pensavamo venissero a proteggerci” ha detto un testimone oculare, ripreso da Le Monde: “Ci hanno spogliati dei nostri soldi, dei nostri documenti d’identità e hanno iniziato a sparare”. Il villaggio di Karma è un luogo particolare: sito nel cuore della regione aurifera burkinabé (sono ben due le miniere d’oro ufficiali nel raggio di 10 chilometri dal villaggio) vicino al confine con il Mali, attrae molti cercatori d’oro clandestini. Per la stessa ragione, nei pressi di Karma le attività di numerosi gruppi affiliati a JNIM (ovvero Gruppo di Sostegno all’Islam e ai musulmani, operante dal 2017 e affiliato a sua volta ad al-Qaeda) sono particolarmente intense: l’estrazione illegale di oro è una delle fonti di finanziamento principali dei gruppi islamisti che operano nel Sahel.
Ci sono voluti quattro giorni perché il massacro venisse fuori in tutta la sua tragicità. Il 24 aprile il procuratore dell’Alta corte di Ouahigouya Lamine Kabore, citando fonti della gendarmeria, ha dato la notizia: “Circa 60 persone sono state uccise da uomini che indossavano le uniformi delle nostre forze armate nazionali”, versione confermata il 27 aprile dal governo. “Persone che indossavano le uniformi” che, garantiscono i testimoni oculari citati dai media locali e da quelli francesi, erano tutti soldati dell’esercito e ausiliari. “Abbiamo visto le moto e i pick-up dei nostri soldati, era una grande colonna” dice un altro testimone a Le Monde: “Erano vestiti di nero, in divisa militare nera, ed erano sulla via del ritorno, stavano andando verso Ouagadougou. Dopo quello che hanno fatto a Karma hanno continuato lungo la loro strada, verso sud”. Sulle magliette nere, dicono diversi testimoni, era ben visibile la scritta “B.I.R. 3”. “Abbiamo potuto vedere anche un carrarmato da combattimento” afferma un altro testimone ad Actualité.bf, sito web di informazione burkinabé: “Alcuni paesani, felici di vedere i nostri soldati, sono usciti dalle case per accoglierli. Sono i primi ad essere caduti sotto il fuoco dei proiettili”. Il massacro è durato oltre sei ore.
Il 29 aprile 2023 alcuni sopravvissuti alla mattanza hanno convocato una conferenza stampa a Ouahigouya: “Eravamo al pozzo quando alcuni di noi hanno iniziato a fuggire. Ci hanno detto di non farlo, che non erano jihadisti ma soldati venuti a salvarci” ha raccontato una testimone che vuole restare anonima. I soldati hanno chiesto alle persone di uscire di casa con i documenti, in modo che potessero controllare in quanto il loro compito era “difendere il territorio e portare la pace”. La situazione è tuttavia degenerata immediatamente: “Sono iniziate le botte, gli insulti. Hanno malmenato le persone, i nostri mariti, la gente che urlava. Mio marito era malato, sdraiato in casa: sono entrati nella sua stanza, l’hanno trascinato al cancello e gli hanno sparato con la pistola. Poi sono andati oltre”.
Un’altra testimone ha raccontato di essersi nascosta in casa e di avere aperto quando hanno bussato alla porta. Alle violenze si sono sommati i saccheggi: denaro e proprietà personali, bestiame, pollame.