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Una piccola cronaca e un grande tema: lo stato di diritto
La Corte di Giustizia Europea dovrà presto pronunciarsi sul caso di una cantante del Mali, Rokia Traoré, attualmente detenuta nel carcere italiano di Civitavecchia: sarà estradata in Belgio o liberata? È un piccolo caso di cronaca che racconta un problema piuttosto grande per l’Europa: la discrezionalità in uno stato di diritto.
Partiamo dall’inizio: il 20 giugno Rokia Traoré atterra all’aeroporto di Roma Fiumicino (avrebbe dovuto suonare ad un concerto al Colosseo) e viene immediatamente arrestata dalla Polizia per effetto di un mandato di cattura europeo spiccato dalle autorità belghe. L’artista è infatti parte in una diatriba giudiziaria con l’ex-marito, il cittadino belga Jan Goosens (ex-direttore del Festival di Marsiglia e attualmente co-direttore artistico del festival Dream City di Tunisi), con il quale si contende l’affidamento della figlia. Nel 2019 un tribunale belga ha affidato la bambina al padre ma, più o meno contestualmente, un tribunale maliano l’ha invece affidata alla madre. Senza voler entrare nel merito di chi abbia ragione e chi torto, nel 2020 Traoré è stata arrestata in Francia e posta sotto controllo giudiziario in attesa che le autorità francesi e belghe si accordassero per la consegna della minore, che era con lei, al padre. Il Covid però ha reso le procedure lunghe e complicate e Traoré ne ha approfittato, partendo con la figlia, a bordo di un jet privato a maggio 2020, e tornando a Bamako, in Mali.
L’11 luglio 2024 però, dopo 20 giorni di carcere, la Corte d’Appello di Roma ha accolto la richiesta della difesa di Traoré, l’avvocata Maddalena Del Re, che ha chiesto un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE: Rokia Traoré è stata condannata, in Belgio, in contumacia e senza la presenza di un avvocato che la rappresentasse, a due anni di reclusione per mancata rappresentanza di minore. Su questa sentenza, le autorità del Belgio hanno spiccato un mandato di cattura europeo: “Il collegio dei giudici italiani ha scritto alla Corte di Giustizia UE chiedendo a quest’ultima di decidere se sussista una grave violazione dei suoi diritti che consenta di opporsi all’estradizione di Rokia Traoré in Belgio” mi ha spiegato al telefono l’avvocata Del Re, che si sta attivando per trovare una soluzione abitativa per agli arresti domiciliari. Secondo l’avvocata Del Re la sentenza belga viola le norme internazionali.
Personalmente, mi chiedo come sia possibile che, al netto delle misteriose politiche di visto Schengen (ne abbiamo scritto qui, qui, qui), l’ambasciata italiana a Dakar abbia concesso il visto a Rokia Traoré: abbiamo voluto attirarla in una “trappola”?
Mi chiedo anche come sia possibile che in Belgio (che è in Unione Europea!) si possa essere processati in contumacia e senza avvocato, una cosa che forse nemmeno in Russia è possibile.
A questo punto mi chiedo anche una terza cosa: non è che Rokia Traoré è vittima, oggi, di quell’intersezionalità che Michela Murgia ha spiegato così bene. I titoli sui giornali italiani, che puntano sulle accuse di sottrazione di minore a carico di Traoré invece che su una sentenza emessa in Europa senza imputato e senza avvocato, sono lì a dimostrarlo.
E ancora: in Italia, a gennaio, abbiamo ricevuto al Quirinale e al Senato della Repubblica un personaggio inseguito da un altro mandato di cattura europeo, in questo caso spiccato dalla Francia. Non abbiamo mosso un dito e lo abbiamo accolto al Quirinale come un capo di Stato: doppio standard o immunità diplomatica?
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