Luca Rinaldi e lo slow journalism di Dossier
Un progetto lento di giornalismo d’inchiesta locale.
Luca Rinaldi e lo slow journalism di Dossier
questo pezzo è uscito, originariamente, su The Slow Journalist del 10 settembre 2022
Dossier è il progetto di Citynews dedicato ad inchieste e approfondimenti su temi di attualità e d’interesse locale, si legge sul sito ufficiale di Citynews. Esiste a Milano e a Roma.
L’edizione milanese è coordinata da Luca Rinaldi. Luca, in passato, ha scritto per Slow News la serie La terra di sotto e le nostre strade si sono incrociate nel 2019 in un workshop a Glocal per parlare di modelli alternativi per finanziare il giornalismo sportivo. Gli ho proposto una chiacchierata via mail: eccola qui. Le risposte di Luca alle mie domande sono integrali, e anche le domande non sono state modificate (a parte l’aggiunta di un nome di un collega che lì per lì non ricordavo).
Cos'è Dossier, che impostazione giornalistica stai dando alla versione milanese e com'è composta la squadra di lavoro?
Dossier è prima di tutto un progetto di giornalismo locale. Non amo le etichette, perché sono convinto che il giornalismo sia tale per definizione se fatto con serietà e responsabilità. Quindi non dirò che è giornalismo investigativo, o di inchiesta e approfondimento. Semplicemente giornalismo locale che vuole puntare un faro o una lente di ingrandimento (che si trova anche nel nostro logo) là dove spesso l’agenda politica vorrebbe spegnerlo o scrivere le clausole in piccolo per farle passare inosservate. Allo stesso modo occorre tenere presente che Milano, così come la Lombardia, è protagonista in Europa: non si può fare approfondimento e inchiesta a Milano senza tenere conto della dimensione internazionale. Ce ne accorgiamo approfondendo i temi economici dove inevitabilmente dalle proprietà a bordo strada e dai grandi progetti immobiliari si finisce quasi sempre all’estero, frequentemente in qualche cassaforte lussemburghese o in qualche esotico paradiso fiscale.
Al momento la squadra è composta da 4 firme fisse a cui si aggiungono alcune collaborazioni. Oltre a me che svolgo anche il ruolo di coordinatore ed editor di tutte le inchieste pubblicate, ci sono (in rigoroso ordine alfabetico) Alfredo Faieta, Irene Fassini e Marialaura Iazzetti. Mentre tra i collaboratori a oggi hanno trovato posto Rosy Battaglia e Alessandro Boldrini.
Quali sono i valori a cui si ispira Dossier?
L’impronta che sto cercando di dare a Dossier è anzitutto quella di costruire una informazione credibile, approfondita e verificata, che si affianchi in maniera ideale alle hard news e all’ottimo lavoro della cronaca di MilanoToday. Trovare cioè un modo per far conoscere meglio la città ai lettori da una parte e chiedere invece a chi governa Milano e regione Lombardia di rendere conto delle proprie scelte. Vogliamo in sintesi “connettere i punti” di ciò che si muove in una città come Milano. Sfida importante dentro luogo che si è costruito nel tempo l’immagine di città efficiente e virtuosa, con modelli che però nei periodi di crisi economica e sociale mostrano tutte le loro crepe. Non a caso quella che riscontriamo è una “londonizzazione” di Milano, cioè una città sempre più esclusiva ed escludente in cui sono pronte da un momento all’altro a esplodere bolle, su tutte, per fare un esempio quella immobiliare. Dall’altra parte vi è invece una Regione con forze politiche che da trent’anni lottizzano il potere in tutte le sue articolazioni: una modalità che merita un racconto disincantato e basato sui fatti.
Quali sono gli obiettivi di Dossier? Quali le ambizioni rispetto al panorama italiano?
L’obiettivo è sicuramente quello di fare inchiesta a livello locale, farlo bene andando a scovare notizie e metterle in prospettiva. Cosa che in Italia si fa pochissimo e a cui anche i grandi media che hanno dorsi regionali o cittadini a disposizione sembrano quasi aver rinunciato. Personalmente ho l’ambizione di portare Dossier a essere letto e apprezzato (costruendo quindi nel tempo la percezione che sia un prodotto per cui vale la pena investire una somma per l’abbonamento), ma anche a renderlo d’impatto sulla realtà e rilevante per la classe dirigente della città e della Regione.
Che metriche vi date in termini di produzione di contenuti? Con che frequenza?
Mediamente le richieste degli editori sono difficilmente compatibili con la produzione di quelle che si possono definire “grandi inchieste”, su questo non c’è dubbio. Comprendo quindi la frustrazione del collega. Credo ci sia una linea mediana, e non necessariamente “di compromesso” che ben si adatta all’approfondimento nella dimensione locale ed è quella che cerchiamo di percorrere. Proviamo a tenere un ritmo di un contenuto al giorno, che dia continuità ai temi trattati. L’approccio è infatti quello della serialità: approcciare un tema, sviscerarlo il più possibile e sviluppare le inchieste come fossero serie a puntate.
L'inchiesta può anche non portare a nulla: come gestite questo rischio?
Il rischio è sempre molto concreto, anche perché l’inchiesta punta spassionatamente all’evidenza: se non c’è una prova è difficile sostenere l’impalcatura del lavoro e soprattutto fronteggiare una eventuale causa giudiziaria o richiesta di rimozione di un articolo. Cerchiamo dunque di sviluppare i contenuti su binari che corrano paralleli, così da non rimanere “a piedi” nel caso in cui una inchiesta finisca su un binario morto. Ammesso che quel binario morto non possa tornare in pista nel futuro. Se una cosa ho imparato negli anni è che questo “rischio” diventa col tempo una opportunità: tutto quel lavoro che non ha portato a niente altro non è che un patrimonio già pronto da sfruttare al momento giusto.
Abbiamo esempi di altre testate che hanno provato a fare giornalismo d'approfondimento partendo da modelli di business decisamente più acchiappa-click, come quello di Today. È l'unica strada per finanziare il giornalismo d'inchiesta, secondo te?
Finanziare il giornalismo d’inchiesta in Italia è un’impresa titanica. Viene visto con diffidenza anche all’interno dei circoli della filantropia, essendo questa nel nostro Paese sostenuta in gran parte da Fondazione bancarie o vicine, comunque, ad aree politiche ben definite. L’unica strada, se non si vuole percorrere la via del non profit che porta inevitabilmente all’estero ma con impostazioni diversissime rispetto alle aziende profit, sono i lettori determinati a pagare per acquistare un prodotto credibile e approfondito. Questa è la strada che idealmente vuole battere Dossier: rendersi un prodotto necessario per informarsi e trovare un proprio pubblico il quale non solo acquista il prodotto stesso, ma sostiene idealmente tutto il progetto e comprende la complessità del nostro giornalismo.
Abbiamo anche esempi falliti o non andati benissimo. Avete messo in conto il rischio?
Il rischio fallimento credo sia uno scenario da tenere a mente sempre, perché non è detto che quello che funziona oggi possa funzionare in futuro e viceversa. Progetti di questo tipo ritengo debbano avere un tempo di valutazione tarato sul lungo periodo e che debbano concedere qualcosa alla sperimentazione. Non è infatti nemmeno detto che i lettori di MilanoToday di oggi apprezzino Dossier e siano disposti a pagare per leggerlo. Compito nostro, infatti, è anche provare a costruire una nuova nicchia con un nuovo target di fruitori. Il rischio è in conto, per ora pensiamo a scongiurarlo (ride, ndr)
Quel che fate è "slow journalism"? E lo "slow journalism "è compatibile con i numeri o è destinato a restare di nicchia, secondo te?
Senza ombra di dubbio lo è. Abbiamo pezzi che siamo in grado di costruire più “al volo”, sia perché avendo una squadra con un background specifico importante di studio e fonti si riescono a chiudere più velocemente fasi del lavoro altrimenti più lunghe, sia perché a volte a livello locale (per esempio) un atto all’interno dell’albo pretorio di cui non si saprebbe diversamente l’esistenza ci dà la possibilità di fare un contenuto utile in un tempo non lunghissimo. Diversamente ci prendiamo il tempo necessario quando sappiamo avere per le mani inchieste importanti e con tempi tecnici più lunghi (si pensi per esempio ai 30 giorni di attesa per una risposta ad un FOIA(*). Sicuramente la produzione seriale ci permette di essere lenti nel giornalismo ma ci aiuta a stare agganciati a un ritmo di pubblicazione comunque importante.
Come dicevo all’inizio rifuggo le etichette, e io credo che lo slow journalism, se rispetta tutti i crismi del giornalismo non sia destinato a una nicchia. Forse oggi, individuati i professionisti in grado di poter portare a casa determinate inchieste e determinati contenuti, vale più la pena interrogarsi su come veicolarli al meglio sfruttando in maniera adeguata le piattaforme di distribuzione senza farsi cannibalizzare.
La pubblicità è compatibile con Dossier? Che succede se tocca fare un'inchiesta che coinvolge qualche inserzionista?
Il fatto che Dossier sia un prodotto in abbonamento (quindi nativamente senza pubblicità) e che abbonandosi si possa accedere senza pubblicità anche a MilanoToday credo dia una risposta ben definita alla tua domanda. Quindi per quanto riguarda la vita di Dossier come inserto di MilanoToday il problema degli inserzionisti non si pone. Sul resto abbiamo solo ricevuto indicazioni di portare avanti tutte le inchieste e gli approfondimenti che riteniamo.
Fabrizio Gatti lavorerà anche con Dossier? Cosa dobbiamo aspettarci?
Fabrizio, che è una grande firma del giornalismo italiano e con cui sono contentissimo di condividere una parte del mio percorso professionale, non lavorerà in senso stretto con Dossier. Come ha scritto nella sua prima uscita sul giornale avrà soprattutto il compito di valorizzare le storie importanti che escono dalle 53 testate locali del gruppo CityNews. Storie cioè che spesso restano impigliate nella quotidianità ma che meritano invece un palcoscenico nazionale. Per il resto, avendo Fabrizio come vicino di casa, credo non sarà infrequente uno scambio prolifico anche con Dossier.
Le due cose che avete pubblicato di cui sei più soddisfatto? E qualcosa che non è andata come ti aspettavi?
In tre mesi abbiamo già una scorta di cose belle e rilevanti che forse nemmeno io mi sarei aspettato all’inizio. Senza ombra di dubbio l’inchiesta economica sulla città è la cosa che sta funzionando meglio e che ci sta dando molte soddisfazioni, sia dal punto di vista del pubblico, sia per la rilevanza che comincia ad avere in città. I due filoni sulla sanità e sulla casa e il diritto all’abitare ci stanno portando riscontri importanti e la sensazione di lavorare su qualcosa di veramente importante per la cittadinanza. Dall’altra parte mi sarei aspettato invece una risposta più convinta sui contenuti che riguardano la scuola e le sicurezza nelle scuole. Probabilmente però settembre farà sì che anche questo filone abbia il riconoscimento che merita, perché fatico a credere che genitori e famiglie non siano interessati a sapere se la scuola frequentata dal proprio figlio abbia le carte in regola per ospitarlo in sicurezza.
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(*) [Freedom of Information Act, introdotta con decreto legislativo n. 97 del 2016. L’accesso civico generalizzato garantisce – o almeno, dovrebbe garantire – a chiunque il diritto di accedere ai dati e ai documenti posseduti dalle pubbliche amministrazioni, se non c’è il pericolo di compromettere altri interessi pubblici o privati rilevanti, indicati dalla legge. Necessario per imbastire l’inchiesta stessa, ndr]